L’angolo del buonumore
Cari amici,
mi affido alla saggezza di uno dei tanti proverbi della nostra tradizione per introdurre L’angolo del buonumore.
“Il troppo stroppia”: è vero, ne sono convinta e potrei farne il mio … secondo motto ( il primo potrete trovarlo in Curiosando su di me).
Tra le due versioni esistenti di questo modo di dire – “Il troppo stroppia” e “Il troppo storpia” – ho scelto la prima perché rende benissimo l’idea, secondo me, di come l’eccesso si traduca in una storpiatura: il ripetersi delle stesse lettere – tipico dell’allitterazione – fa di questo proverbio un vero scioglilingua.
Il “troppo scherzoso, troppo leggero, troppo scanzonato” stroppia; ma anche il “troppo serio, troppo impegnato, troppo ingessato” (come piace dire a me) stroppia.
Chi mi conosce sa che a me piace alternare, quando è possibile, momenti di riflessione e di approfondimento a momenti di sana e vivace allegria.
Largo al buonumore, dunque.
Inizio io, con uno strafalcione trovato su Internet e da me commentato.
“Mi sono fatto un leasing facciale”.
Ci scommetterei che la frase appartiene a uno dei tanti politici italiani: con la faccia che si ritrovano prenderne in affitto un’altra è un ottimo escamotage per guadagnarsi i favori dell’elettorato.
A voi la … battuta, adesso. E fateci divertire!
Saper scrivere …
Cari amici,
ieri pomeriggio ho assistito alla presentazione di un libro. Parlando della scrittura il relatore ha affermato che “saper scrivere” non è affatto un dono di natura, ma soltanto una tecnica acquisita.
Qual è la vostra opinione?
Presto, perché ho un altro quesito sulla punta delle … dita!
Quando il dramma finisce in TV
Cari amici,
ogni volta che un avvenimento drammatico diventa “un caso” e riempie le prime pagine dei quotidiani nazionali oppure richiama esperti e opinionisti accreditati nei noti salotti televisivi si parla di “spettacolarizzazione del dolore”. Un’espressione di cui – a mio avviso – si abusa sempre più di frequente perché sempre meno frequentemente accade che il dolore sia consumato nell’assoluto riserbo dovuto alle persone colpite da un evento drammatico.
Non è della “spettacolarizzazione del dolore” che intendo parlare con voi, riferendomi all’efferato omicidio di cui è stata vittima Melania Rea, ma di una mia considerazione in cui riconosco un rigore eccessivo, perché mi aiutiate a capire e, chissà, a correggere la mia posizione.
Melania è stata uccisa in modo brutale: secondo la perizia autoptica oltre 20 fendenti fino alla morte per dissanguamento e altri colpi inferti successivamente.
“Vile, tu uccidi un uomo morto” sospirò, ormai in fin di vita, il condottiero Francesco Ferrucci rivolgendosi al suo sicario Fabrizio Maramaldo. Correva l’anno 1530.
Ma veniamo alla domanda per la quale non sono riuscita a trovare una risposta: perché i familiari di Melania – persone distrutte dal più terribile dei dolori cui un essere umano possa essere destinato (la morte di una figlia, nel loro caso) – rilasciano interviste ai giornalisti?
Ines
Scrivere: perché e per chi?
Non so quanto sia vero che chi ama scrivere non ama parlare molto, ma per quanto riguarda me è così.
Non sono una donna loquace, fortunatamente per i miei familiari e gli amici, perché se parlassi tanto quanto scrivo … poveri loro!
Scrivere messaggi, lettere, poesie, racconti, storie, romanzi, anche una semplice frase oppure una dedica, un pensiero o una riflessione. Per sé, per gli altri.
Scrivere è un viaggio: mi piace interpretarlo così e viaggio è la prima parola che associo alla mia passione per la scrittura.
Ma perché si scrive? E per chi?
Benvenuti, cari amici. Coraggio, parliamone.
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